Dipendenza sessuale e parafilie
Dopo decenni di incertezza diagnostica, in cui sono state proposte diverse denominazioni e ipotesi, Kafka nel 2010 ha definito il disturbo ipersessuale (o dipendenza sessuale) come un periodo di almeno 6 mesi in cui ricorrenti e intensi impulsi sessuali, fantasie e comportamenti sessuali inappropriati richiedono tempo eccessivo, impegno ripetitivo in risposta a stati disforici o eventi stressanti, ripetuti fallimenti nel ridurre o controllare tali impulsi; tali fantasie e impulsi provocano disagio e compromissione clinicamente significativi, in associazione anche a masturbazione, pornografia, sesso promiscuo, cybersesso, sesso telefonico, frequentazione di locali o club di intrattenimento o altro.
La dipendenza sessuale può avere quindi diverse manifestazioni e può avere un forte impatto sia sul funzionamento sessuale all’interno della coppia sia sulla relazione stessa. E’ importante comprendere la storia della dipendenza e la matrice psicologica per trovare il giusto percorso terapeutico.
La parafilia consiste nell’ “intenso e persistente interesse sessuale diverso dall’interesse per la stimolazione genitale o i preliminari sessuali con partner umani fenotipicamente normali, fisicamente maturi e consenzienti”.
Il disturbo parafilico è invece una parafilia che, quando presente, causa disagio o compromissione nell’individuo o una parafilia la cui soddisfazione ha arrecato o rischia di arrecare danno a se stessi o ad altri.
La parafilia di per sé, pertanto, non è patologica e non richiede necessariamente intervento clinico, fino a quando non causa disagio, angoscia o pericolo per la persona o altri.
Va specificato che ci sono parafilie che sono patologiche per natura intrinseca, come ad esempio la pedofilia, la zoofilia e la necrofilia. Altre possono essere integrate nella vita sessuale di coppia o individuale in maniera del tutto sana.
Per la diagnosi di disturbo parafilico è necessario che ci sia un’eccitazione sessuale ricorrente o intensa manifestata attraverso fantasie, desideri e comportamenti, per un periodo di almeno 6 mesi e che causino disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
Altri aspetti psicologici del disturbo parafilico sono la disumanizzazione, considerare l’altro come un oggetto, l’assenza del desiderio, la ripetitività, il piacere come assenza o come diminuzione dell’angoscia, la teatralità. Questi elementi suggeriscono come la persona con disturbo parafilico non preveda la natura ludica della sessualità, fatta di scambio e reciprocità, e percepisca l’altro come un oggetto da manipolare, per cui vengono meno gli aspetti più profondi e preziosi dell’intimità fisica.
I disturbi parafilici sono: voyeristico, esibizionistico, frotteuristico, da masochismo sessuale, da sadismo sessuale, pedofilico, feticistico, da travestitismo, con altra specificazione e senza specificazione.
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